Commissione Tributaria
Nell'ordinamento italiano le commissioni tributarie sono organi giurisdizionali in materia tributaria e quindi giudici speciali (giudici tributari).
Epoca monarchica
L'istituzione delle commissioni tributarie si fa risalire alla legge 14 luglio 1864, n. 1836. Non nascono come organi giurisdizionali, bensì come organi amministrativi appartenenti all'amministrazione finanziaria, e la loro competenza era inizialmente limitata alle imposte dirette, mentre per le imposte indirette era possibile il ricorso amministrativo (facoltativo) o l'azione dinanzi al giudice ordinario. Erano previste commissioni di primo grado, dette comunali, contro le cui decisioni era dato ricorso alle commissioni di secondo grado, dette provinciali. Nel 1865 fu istituita anche una commissione centrale, alla quale si poteva ricorrere contro le decisioni delle commissioni di secondo grado per motivi concernenti l'applicazione della legge.
Il sistema fu in seguito più volte modificato. L'art. 12 della legge 28 maggio 1869, n. 3719, consentì l'azione dinanzi al giudice ordinario contro le decisioni della commissione centrale (salvo che per le questioni riguardanti la semplice estimazione dei redditi).
Il regio decreto 24 agosto 1877, n. 4021, coordinò i vari
interventi normativi prevedendo commissioni mandamentali, provinciali e centrale e confermando la possibilità di adire all'autorità giudiziaria contro le decisioni di quest'ultima.
Un'incisiva riforma fu attuata con il regio decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639, convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016, che ampliò la competenza delle commissioni facendovi rientrare, in parte, le imposte indirette sugli affari. Alle commissioni mandamentali furono sostituite commissioni distrettuali, con la stessa competenza territoriale degli uffici delle imposte dirette. Fu data la possibilità al contribuente di adire l'autorità giudiziaria anche dopo la decisione definitiva della commissione distrettuale o provinciale.
La nomina del presidente, dei vicepresidenti e degli altri membri delle commissioni fu demandata all'amministrazione finanziaria; per le commissioni distrettuali e provinciali spettava all'intendente di finanza d'intesa col prefetto sulla base delle designazioni di associazioni, ordini professionali ed enti locali.
Epoca repubblicana
Dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, la Corte costituzionale si è più volte occupata delle commissioni tributarie, soprattutto a seguito delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici ordinari, che ne lamentavano il contrasto con gli artt. 3, 24 e, principalmente, 113 della Costituzione. La Corte qualificò dapprima le commissioni tributarie come organi giurisdizionali (a partire dalla sentenza n. 12 del 16 gennaio 1957), per poi cambiare orientamento con la sentenza n. 6 del 29 gennaio 1969, che le qualificava come organi amministrativi.
Il sistema di giustizia tributaria fu riordinato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nell'ambito della più ampia riforma tributaria. Furono previste commissioni tributarie di primo grado, con sede e competenza territoriale identica a quella dei tribunali, commissioni tributarie di secondo grado, con sede nei capoluoghi di provincia, e una commissione tributaria centrale. L'elenco dei tributi su cui erano competenti le commissioni tributarie fu notevolmente ampliato e ulteriori ampliamenti intervennero negli anni successivi. Furono cambiate anche le modalità di nomina dei componenti, spettante al presidente del tribunale per le commissioni di primo grado e al primo presidente della corte d'appello per quelle di secondo grado; metà delle nomine avveniva su designazione dei consigli comunali, per le commissioni di primo grado, e del consiglio provinciale, per quelle di secondo grado; l'altra metà sulla base di elenchi formati dall'amministrazione delle finanze (ma il tribunale e la corte di appello potevano richiedere elenchi alle camere di commercio e agli ordini professionali degli avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ingegneri). Infine furono modificate le norme di procedura, avvicinandole maggiormente a quelle del processo civile. Tali modifiche portarono la Corte costituzionale a mutare nuovamente la sua giurisprudenza, qualificando le commissioni tributarie come organi giurisdizionali con sentenza n. 287 del 27 dicembre 1974.
L'ultima riforma del sistema di giustizia tributaria risale al 1992, operata con i con i d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 e 546, tuttora in vigore. Tale riforma ha accentuato ulteriormente il carattere giurisdizionale delle commissioni tributarie (anche sul piano lessicale: oggi, infatti, si parla di "giudici tributari", non più di "membri delle commissioni", e di "sentenza", non più di "decisione"), con maggiori garanzie di indipendenza per componenti, anche grazie all'introduzione di un organo di autogoverno, e norme di procedure ancor più vicine a quelle del processo civile.
Articolazione territoriale
A seguito del riordino attuato con decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 545, le commissioni tributarie si articolano in:
1) commissioni tributarie provinciali, aventi sede in ciascun capoluogo di ogni provincia, che giudicano in primo grado;
2) commissioni tributarie regionali, aventi sede in ciascun capoluogo di regione, che giudicano definitivamente in appello, salvo il ricorso alla Corte Suprema di Cassazione per questioni di legittimità.
Nel Trentino-Alto Adige al posto delle commissioni provinciali e della commissione regionale vi sono una commissione tributaria di primo grado e una commissione tributaria di secondo grado in ciascuna delle province autonome di Trento e Bolzano.
Prima della riforma del 1992, il previgente D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 prevedeva anche una commissione tributaria centrale con sede in Roma, presso il quale era previsto un terzo grado di giudizio. Il d.lgs. 545/1992 ha soppresso detta commissione, ma l'ha mantenuta in funzione per i giudizi pendenti fino al 1º gennaio 1996.
A seguito della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), la commissione tributaria centrale è stata suddivisa in 21 sezioni, con sede in tutti i capoluoghi di regione o provincia autonoma, alle quali sono stati riassegnati i procedimenti pendenti per accelerare lo smaltimento del pesante arretrato.
Composizione
Le commissioni tributarie sono suddivise in un numero variabile di sezioni. Possono anche essere istituire sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali, con sede in comuni diversi dal capoluogo di regione (aventi i requisiti di cui all'art. 1, comma 1-bis, del d.lgs. 545/1992).
A ciascuna commissione tributaria è preposto un presidente che presiede anche la prima sezione. A ciascuna sezione sono assegnati un presidente, un vicepresidente e non meno di quattro giudici tributari. Il collegio giudicante è però costituito da tre membri, tra cui il presidente o il vicepresidente di sezione, che lo presiede, sicché nell'ambito di una sezione possono essere costituiti due collegi.
Le commissioni tributarie sono supportate da uffici di segreteria, dipendenti dal Ministero dell'economia e delle finanze, che svolgono attività preparatorie dell'udienza e di assistenza ai collegi giudicanti, secondo le disposizioni delcodice di procedura civile concernenti il cancelliere, nonché attività amministrative proprie. Presso ciascuna commissione tributaria regionale opera, inoltre, un ufficio del massimario, che provvede a rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni della stessa e delle commissioni tributarie provinciali aventi sede nella sua circoscrizione.
Giudici tributari
I componenti delle commissioni tributarie sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, organo di autogoverno introdotto dal d.lgs. 545/1992 in analogia al Consiglio Superiore della Magistratura. La nomina avviene secondo l'ordine di collocazione in elenchi formati per ogni commissione tributaria, nei quali sono inseriti coloro che hanno i requisiti per ottenere l'incarico ed hanno comunicato la loro disponibilità; tale ordine di collocazione è stabilito in base ai titoli posseduti (si tratta, quindi, di un concorso per soli titoli).
I presidenti delle commissioni tributarie e delle loro sezioni sono scelti tra i magistrati ordinari, amministrativi o militari, in servizio o a riposo.
I vicepresidenti tra gli stessi magistrati o tra i componenti "non togati" che hanno esercitato per almeno cinque anni (per le commissioni provinciali) o dieci anni (per le commissioni regionali) le funzioni di giudice tributario, se laureati in giurisprudenza o in economia e commercio.
Gli altri componenti, tra gli appartenenti alle categorie indicate negli att. 4 (per le commissioni provinciali) e 5 (per le commissioni regionali) del d.lgs. 545/1992, comprendenti, tra gli altri, oltre ai predetti magistrati, funzionari civili dello stato in servizio o a riposo, ufficiali della Guardia di finanza a riposo, coloro che possiedono determinate abilitazioni professionali (notai, avvocati, dottori commercialisti, ecc.) e, limitatamente alle commissioni provinciali, coloro che hanno conseguito da almeno due anni la laurea in giurisprudenza o economia e commercio.
I componenti delle commissioni tributarie cessano dall'incarico al compimento del 75º anno di età, ma non possono essere assegnati alla stessa sezione per più di cinque anni consecutivi. La nomina non costituisce rapporto di pubblico impiego (si tratta, in altri termini, di giudici onorari), ma detti componenti percepiscono un compenso fisso mensile e un compenso aggiuntivo per ogni ricorso deciso.
Giurisdizione e competenza
Le norme sulla giurisdizione (e la procedura) delle commissioni tributarie sono contenute nel d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546.
La giurisdizione delle commissioni tributarie è molto ampia, infatti l'art. 2 del decreto legislativo 546/1992 vi ricomprende:
1) tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio;
2) le controversie concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale.
La Corte Costituzionale è intervenuta più volte, recentemente, per definire la giurisdizione delle commissioni tributarie. Essa, secondo la Corte, deve essere limitata alle sole controversie di natura tributaria con esclusione, quindi, delle altre entrate di natura non tributaria (ad esempio il COSAP, canone di occupazione degli spazi e aree pubbliche). È altresì incostituzionale la previsione di una giurisdizione delle commissioni tributarie come "giudici speciali degli atti dell'Amministrazione finanziaria", con la conseguenza che sfuggono alla giurisdizione delle commissioni gli atti emessi da uffici finanziari ma non attinenti controversie tributarie (ad esempio, gli atti di irrogazione di sanzioni per utilizzo di lavoratori irregolari).
Allo stesso modo deve essere interpretata la giurisdizione in materia di impugnazione delle iscrizioni di ipoteca su immobili e del fermo amministrativo di veicoli attribuita dalla legge 4 agosto 2006, n. 248; la Corte Costituzionale ha infatti confermato che la giurisdizione delle commissioni tributarie è limitata alle iscrizioni ipotecarie e ai fermi amministrativi disposti per la riscossione di tributi, escludendo quindi la possibilità di impugnare questi atti quando sono preordinati alla riscossione di crediti non tributari, come quelli per sanzioni pecuniari previste dal codice della strada, per i quali la giurisdizione spetta al giudice ordinario.
In ordine alla competenza per territorio, le commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, degli enti locali o dei concessionari del servizio riscossione che hanno sede nella loro circoscrizione. Le commissioni tributarie regionali sono competenti per le impugnazioni avverso le decisioni delle commissioni tributarie provinciali, che hanno sede nella loro circoscrizione. La competenza territoriale è in ogni caso inderogabile e l'incompetenza può essere rilevata anche d'ufficio.
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